Il castello invisibile racconta una generazione. Anzai Kokoro, la protagonista, non riesce ad andare nella sua scuola a sud di Tokyo. E lei stessa ad ammetterlo nei primi minuti del nuovo film d’animazione tratto dal romanzo di Mizuki Tsujimura e diretto da Keiichi Hara. Vorrebbe andare, incontrare i compagni e avere la classica vita da studentessa delle medie. Ma non ci riesce. La scuola, per lei, è un’ambiente ostile.
Bullismo, violenza e disagio. Ma soprattutto incomprensione. Kokoro non vuole niente di tutto ciò, e per questo rimane a casa, anche con il benestare dei genitori, consci della sua situazione. A dire il vero, solo la madre, poiché il padre della giovane protagonista è una figura inesistente, assente, come molti padri.
Proprio per questo motivo, la giovane si crea – inconsciamente – il suo castello invisibile, la fortezza in cui scappare e incontrare altre persone. Il “venerabile lupo”, una ragazzina con una maschera da lupo (intuibile), la rapisce e la conduce in questo castello attraverso lo specchio nella sua cameretta. Una sorta di Alice nel paese delle meraviglie nipponico, anche se spesso viene citata la favola di Cappuccetto Rosso. Ben presto però scopre che questo castello potrebbe non essere frutto della sua fantasia.
La scuola non è un posto sicuro
Nelle sontuose stanze, Kokoro incontra altri ragazzi che, come lei, frequentano il suo stesso anno di scuola. E anche loro, purtroppo, non riescono a trovare la forza di uscire di casa per andare dietro ai banchi. Non riescono a vedere in quel luogo un posto sicuro in cui imparare e trascorrere le proprie giornate.
In pochissime battute, infatti, lo spettatore si rende conto di una drammatica verità: i giovani radunati dal “venerabile lupo” sono tutte vittime. E Il castello invisibile non incolpa i giovani della loro scelta, non asseconda la facile narrazione della “gioventù fragile e sfaticata”. Al contrario, sa benissimo contro chi puntare il dito, contro l’istituzione scolastica. Non è una critica che muove con grande enfasi, al contrario preferisce un approccio più pacato, ma non per questo meno potente.
Le persone attorno alla protagonista sono consapevoli di una cosa non banale: non è colpa di Kokoro se non riesce ad andare a scuola. Un dettaglio importante, che rimette in prospettiva la narrazione e la presenza, quindi, del castello invisibile, che accoglie questi giovani fino alle cinque di pomeriggio (ora giapponese). Perché poi, un famelico lupo (qui la metafora di Cappuccetto Rosso torna più forte) comincia la sua caccia lungo i corridoi, e chiunque si trovi nel castello rischia di finire tra le sue grinfie.
L’abbraccio del castello
In questo luogo onirico, fuori dal tempo e dallo spazio, circondato da un mare infinito e cristallino, Anzai Kokoro e gli altri devono trovare una chiave, attraverso la quale “sbloccare” un desiderio. E se è vero che il film in alcuni punti spiega fin troppo delle sue metafore e dei colpi di scena, mentre in altri punti velocizza la narrazione, il risultato è a dir poco riuscito.
Attraverso una squadra di personaggi complessi e profondi, e una trama sensibili al disagio adolescenziale, Il castello invisibile è un film d’animazione che racconta l’esperienza di una generazione incompresa dal mondo e dalle istituzioni, e che in continuazione di scappare dalla vita, costruendo castelli invisibili, pur di non tornare. E questa non è una decisione da colpevolizzare, come spesso una qualche persona più vetusta fa, magari con toni paternalistici. Al contrario, capire questa scelta è il primo passo per affrontare un problema più grande, spesso taciuto, ovvero di quanto la scuola non risponda più alle necessità e ai mutamenti culturali del mondo contemporaneo.
Il castello invisibile, con una colonna sonora calzante e un’animazione egregia, è un caldo abbraccio di speranza. Una persona che con grande empatia ti dice “ti capisco”: due parole tanto semplici quanto date per scontate.
Il castello invisibile arriverà nelle sale italiane grazie ad Anime Factory e Plaion Pictures l’11, 12 e 13 settembre.
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