Il nuovo lungometraggio dei talentuosi registi Fernando Trueba e Javier Mariscal cerca e trova un equilibrio complicato, sfruttando l’inebriante andamento della bossa nova per raccontare la devastante brutalità del terrorismo di Stato. They Shot the Piano Player è soprattutto la storia di una specie di fantasma: Francisco Tenório Júnior, uno dei protagonisti della florida scena musicale brasiliana anni ’60 e ’70, scomparso nel 1976 mentre era in tournée a Buenos Aires.
L’enigma al centro del film è come sia stato possibile che questo virtuoso del piano, a detta di tutti un’anima gentile e priva di aspirazioni politiche, sia potuto diventare uno dei desaparecidos presi di mira dall’oppressivo regime argentino.
Sviluppato come un’inchiesta giornalistica, il film alterna il materiale di fiction con quello documentario, raccolto da Trueba nell’arco di circa 15 anni, usando lo stesso originale stile di animazione a mano – spessi contorni neri, tavolozza brillante – già visto nel dramma musicale romantico del 2010, Chico & Rita, firmato dalla stessa coppia di autori.
Il giornalista musicale newyorkese Jeff Harris, alter ego dello stesso Trueba (doppiato in tono piano da Jeff Goldblum), è al lavoro su un libro dedicato alla storia della bossa nova, quando all’improvviso la sua attenzione è catturata da un assolo di pianoforte ascoltato in una registrazione d’epoca. Il musicista è Tenório, la cui breve vita, e la misteriosa morte, diventeranno il fulcro della ricerca di Jeff – anche se gli ci vorrà un po’ di tempo per rendersene conto.
Grazie all’indispensabile aiuto dell’amico João (Tony Ramos), un intraprendente e ben inserito esperto musicale di Rio de Janeiro, Jeff riesce a intervistare un gruppo di importanti musicisti brasiliani. Nel film compaiono trentanove intervistati, la maggior parte dei quali musicisti di bossa nova, samba-jazz e derivazioni contemporanee. (Trueba, produttore musicale oltre che regista, ha intervistato altre 80 persone, i cui commenti non sono stati inseriti nel film).
Molti nomi suoneranno familiari agli appassionati di musica: alcuni sono dei giganti della musica, altri sono ormai deceduti. Ma, a parte qualche eccezione, la voce fuori campo di Jeff non si sforza di spiegare – né si permette di interrompere il flusso narrativo per farlo – l’esatto posto occupato da ciascuno di loro nel firmamento musicale.
Per molti versi, They Shot the Piano Player è un grande archivio di interviste. Ci sono alcuni momenti di forte intensità, ma ciò che colpisce è soprattutto il numero e la profondità emotiva delle testimonianze raccolte. Caetano Veloso ricorda un viaggio in treno con Tenório, da São Paul a Rio, e parla con grande rispetto del “contatto diretto” che il pianista aveva “con l’armonia”. Milton Nascimento parla del profondo impatto che ebbe su di lui la Nouvelle Vague: Jules e Jim, I 400 colpi e Fino all’ultimo respiro ricevono brevi e affettuosi omaggi animati in bianco e nero.
Trueba e Mariscal non indugiano sui ricordi nostalgici di Rio degli intervistati, ma ne fanno rivivere qualcuno in luminosi cartoni animati, come quando Ella Fitzgerald, a Rio per una serie di concerti, saltò i bis per correre al Beco das Garrafas (Vicolo delle Bottiglie) di Copacabana, dove il nuovo samba-jazz fioriva nei bar e nei nightclub.
I commenti degli intervistati si sovrappongono e forse avrebbero potuto essere meno ripetitivi, soprattutto quando si parla della novità radicale rappresentata dalla bossa nova o del talento di Tenório. Per quanto riguarda gli eventi legati alla sua scomparsa, la ripetizione serve a confermare i tanti sospetti intorno a un caso che, come tanti altri, non è mai stato ufficialmente risolto.
Jeff parla con la moglie di Tenório, Carmen – che rifiuta di definirsi vedova, visto che il corpo del marito non è mai stato ritrovato – e con Malena, la donna con cui si trovava in Argentina quando è scomparso. Lo ricordano anche i figli, che lo hanno conosciuto solo per pochi anni, la sorella e un cugino. La sceneggiatura di Trueba approfondisce l’effetto devastante della scomparsa di Tenório sui suoi genitori e i ricordi degli amici e dei colleghi musicisti, che visitarono ripetutamente gli ospedali e gli obitori di Buenos Aires nei giorni e nelle settimane successive alla sua scomparsa.
Fu un errore quello di uscire alle 2 di notte, come fece Tenório, per comprare un panino o un’aspirina – forse entrambi – alla farmacia all’angolo. La sua scomparsa nel cuore della notte avvenne pochi giorni prima del colpo di stato che spodestò Isabel Perón. Ci si sentiva già “in una zona di guerra”, ricorda un amico.
A New York, davanti a un piatto di cibo thailandese, Jeff e la sua redattrice Jessica (Roberta Wallach) ascoltano i racconti del giornalista John Rowles (Stephen Hughes) sulle dittature militari che hanno colpito il Sud America negli anni ’70 e ’80, e sull’Operazione Condor, una campagna di terrore anti-comunista sostenuta dagli Stati Uniti.
È una lezione anche per il pubblico, naturalmente. Ed è chiaro che Trueba non voglia insistere troppo sulla questione geopolitica né salire in cattedra. Ma avrebbe potuto dedicare qualche minuto in più a questo aspetto cruciale della storia. Utilizzando solo pochi elementi – e un’utile cartina geografica – gli americani Jeff e Jessica si addentrano nella palude della repressione autoritaria e degli omicidi che hanno segnato l’emisfero occidentale moderno – eventi che, ricorda il film, hanno ancora oggi ripercussioni sull’attualità.
Un concetto che non viene mai spiegato, ma semplicemente rappresentato attraverso la storia di Tenório Júnior. Alla fine Jeff riuscirà ad accedere alla Scuola di Meccanica della Marina, l’istituto trasformato in sala delle torture, dove il maestro di samba-jazz trascorse i suoi ultimi giorni insieme ai prigionieri politici. Secondo quanto dichiarato da una persona che dice di essere a conoscenza degli eventi, le autorità erano “convinte che avesse simpatie comuniste per via del suo aspetto e perché aveva con sé la tessera del sindacato dei musicisti”. Di fronte a una storia così agghiacciante, il giornalista e il film si perdono nello sconcerto.
In un contesto talmente oscuro, sono la musica e le immagini semplici e forti a rendere sostenibile il film. In un’altra scena newyorkese, al Village Vanguard, una delle composizioni di Tenório Júnior prende vita grazie al musicista cubano Bebo Valdés. La sequenza più coinvolgente è quella che anima una sessione di registrazione del 1964, per l’unico album di Tenório come bandleader, quando aveva solo 23 anni. Mentre i musicisti suonano i loro assoli, la brillantezza fauve dell’animazione si incontra a perfezione con l’esultanza dell’avventura melodica.
Per tutta la durata di They Shot the Piano Player, il racconto della storia di Tenório Júnior si avvale di un’animazione insieme astratta e imperturbabile, ma piena di affetto e di cura, che rende possibile celebrare il languore della bossa nova e insieme esplorare la devastante brutalità del terrorismo di Stato.
Le transizioni tra un piano e l’altro non sono sempre fluide, ma perché dovrebbero? Sono due elementi disparati che in qualche modo coesistono: da una parte la bellezza e la libertà, dall’altra la crudeltà e l’oppressione.
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