Giacomo Gianniotti è Diabolik. L’attore italo-canadese, classe 1989, ha indossato la maschera del Re del Terrore, franchise a fumetti ideato dalle sorelle Giussani, negli ultimi due capitoli che compongono la saga diretta dai Manetti bros (nel primo film il personaggio era interpretato da Luca Marinelli). Diabolik, chi sei?, il terzo e ultimo capitolo, ha recentemente debuttato alla 18esima Festa del Cinema di Roma, e si prepara per l’approdo nelle sale il 30 novembre.
Gianniotti, che reciterà anche in una serie Netflix di prossima uscita intitolata Inganno, con Monica Guerritore, ha dichiarato a The Hollywood Reporter Roma che quando gli è stata offerto il provino per il ruolo di Diabolik, lui non ci ha pensato due volte. “Non potevo mancare, era troppo importante,” ha raccontato, spiegando che la sua percezione era che i fratelli Marco e Antonio Manetti stavano realizzando qualcosa di particolare, “molto diverso da qualsiasi altra storia italiana”.
Infatti, i due fratelli, hanno realizzato una delle prime saghe di cinecomic italiane, basandosi su uno dei capisaldi della letteratura a fumetti del Bel Paese. Un fumetto con un forte stampo teatrale e con un ritmo lento ma calzante. Diabolik ed Eva Kant, dagli anni Sessanta a oggi, sono diventati due icone. E i fratelli cineasti sognavano da tempo di portare sul grande schermo il lavoro editoriale delle sorelle Giussani.
Gianniotti, che dal 2015 al 2021 ha recitato nelle serie televisiva Grey’s Anatomy, vestendo il camice del Dr. Andrew DeLuca, ora lascia il personaggio di Diabolik, contento di aver guidato la Jaguar del ladro di Clerville e – nel caso – pronto a tornare, ma “solo se c’è uno scopo ben preciso”.
Gianniotti, è pronto a lasciare il personaggio? Dopo questa saga si sarà affezionato, no?
C’è un grande legame affettivo: la maschera, il pugnale, la Jaguar. Insomma, mi manca. Mi sono divertito molto a entrare nei panni di Diabolik e girare questi inseguimenti e furti. Sono stati momenti molto divertenti. E questi film sono una gigantesca lettera d’amore agli anni Sessanta e a questo fumetto. Se si ama l’opera delle sorelle Giussani, si amano queste storie.
E da attore, quando mi hanno offerto l’opportunità di fare il provino per la parte di Diabolik, non potevo mancare. Era troppo importante e troppo bello entrare nei panni del Re del Terrore. Anche se il progetto era molto particolare e strano, molto diverso da qualsiasi altra storia italiana.
In Diabolik, chi sei? viene racconta la origin story di questo misterioso personaggio, era curioso di scoprire il passato del Re del Terrore?
Prima di leggere il copione sono andato al materiale originale, recuperando appunto il fumetto Diabolik, chi sei? Ed esattamente come gli altri film, i Manetti sono stati estremamente fedeli all’opera di partenza. Loro volevano proprio raccontare quella storia, aggiungendo il colore e il movimento della pellicola. Non volevano semplicemente ispirarsi ad essa.
Ci sono chiaramente degli aggiustamenti, ma per loro era importante non deviare dal fumetto. Questo è il “tocco dei Manetti”.
La regia ha infatti dato una direzione ben precisa anche alla recitazione.
Noi tutti ci siamo adeguati a un tono molto specifico. Altrimenti davamo l’impressione di essere in film diversi. C’è un ritmo a cui hanno lavorato i Manetti, e che per ogni personaggio è diverso.
Diabolik è un po’ strano, per come parla, per come si muove. Lui è questa pantera, questo uomo cresciuto in un’isola sperduta piena di criminali. Insomma, è una persona molto particolare. Mentre per Eva Kant, Altea e Ginko, da loro si vede più il ritmo recitativo del film.
Qual è stata la sua reazione alla lettura del copione?
Mi ha appassionato perché è un progetto particolare, bello. Ginko all’attacco! era più un film d’azione, con tanti inseguimenti e movimento. Diabolik, chi sei? è un racconto più lento e più adeguato, è un discorso tra Diabolik e Ginko inframezzato dalle storie dei rapinatori, di Eva Kant e di Altea, ma alla fine è un lungo dialogo tra Ginko e Diabolik. Se sei un fan del fumetto è bello vedere questi due personaggi che non sono mai stati nella stessa stanza, incontrarsi per la prima volta e parlarsi.
Ci racconta un dietro le quinte di quella scena, quando Mastandrea chiede “Diabolik, chi sei?”
Esattamente come Ginko e Diabolik non sono mai nella stessa stanza assieme, né io né Mastandrea abbiamo mai recitato insieme. I nostri personaggi non si incontrano mai. Ed è stata una grande esperienza, perché io e Valerio, in generale, non abbiamo lavorato molto insieme, per cui era anche una bella opportunità per conoscersi, per vedere gli stili diversi di recitazione: non solo come attori ma anche dei personaggi.
Quella scena è stata tutta un grande gioco di sguardi e di primi piani. Siamo seduti a terra – e non è che possiamo fare molto. E in quel momento due uomini che pensano di essere molto diversi l’uno dall’altro, scoprono – in realtà – di aver ragionato nella stessa maniera. Sono stati tre giorni di riprese intense, ma gratificanti.
Qual è stata la parte più difficile di quella scena?
Sapevo che tutta la origin story di Diabolik sarebbe stata raccontata attraverso immagini che il pubblico avrebbe visto, ma io no. Per cui c’era da sostenere il ritmo di un narratore, con i flashback dell’isola, ma anche il ritmo di un dialogo tra due personaggi. E sarebbe stato un continuo avanti e indietro. Per cui è stata una ripresa un po’ impegnativa, soprattutto nella ricerca del tono giusto.
Alla fine della scena le mie battute le aveva imparate anche Valerio, e quindi scherzavo dicendogli: “Dai questa volta falla tu”.
C’è molta intesa tra di voi. In conferenza stampa Miriam Leone (Eva Kant) ha affermato che il set di Diabolik è stato “una grande esperienza umana”.
Qui è tutto merito dei Manetti. Loro si impegnano a creare questa atmosfera di allegria, creatività, in cui tutti si sentono liberi di esplorare, provare e fallire. E di divertirsi anche. Per loro il cinema è sì una cosa faticosa, ma è sempre un privilegio. Da guardarsi intorno e dire: “Guarda quanto siamo fortunati di poter fare cinema. E quindi ci dobbiamo divertire nel farlo”.
A me inoltre piace molto lavorare con i Manetti perché vengo dal teatro. E questo significa tanta preparazione su quello che andremo a portare sul palco. E con loro erano mesi e mesi prima di girare, in cui avevamo prove e ci sentivamo su Skype. Abbiamo parlato ore del personaggio, del copione, dei momenti. Io volevo sempre migliorare e loro erano sempre disponibili per parlare anche fino alle tre di notte.
Ho apprezzato molto questa loro disponibilità. E so che non lo facevano solo perché si sentivano responsabili, ma proprio perché gli piaceva parlare del personaggio e del film. Loro sono appassionati di Diabolik, e ci tengono molto. È quasi una religione: i Manetti stanno a Diabolik come il calcio per tanti italiani. Ed è sempre bello lavorare con gente che tiene al suo progetto fino a questo punto.
La trilogia è finita. Ma nel caso squillasse il telefono per un ritorno in grande stile, cosa risponderebbe?
Risalgo volentieri sulla Jaguar, non posso resistere. Ma deve avere un senso, questo si. Il piano dei Manetti era di chiudere la trilogia, quindi non possiamo fare un altro film di Diabolik senza che ci sia uno scopo, un obiettivo. Se c’è, ci sono.
Aggiornamento 25/10 alle 15:15: L’articolo è stato aggiornato specificando che Giacomo Gianniotti ha interpretato il personaggio di Diabolik negli ultimi due film della saga, Ginko all’attacco! e Diabolik, chi sei?. Nel primo film dei Manetti bros, il personaggio del Re del Terrore è stato interpretato da Luca Marinelli.
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