Nel primo godibilissimo lungometraggio di Julio Torres, il surreale Problemista, un ragazzo ansioso di realizzare l’impossibile incontra una donna che non contempla l’improbabile. Una coppia incredibile: Alejandro (interpretato da Torres), un aspirante designer di giocattoli alla disperata ricerca di un permesso di lavoro, ed Elizabeth (Tilda Swinton), una critica d’arte vedova che cerca freneticamente di preservare ciò che resta del marito.
Congelare corpi per lavoro
Lui è gentile, riservato e docile. Lei è esigente, scontrosa e non si è mai sentita dire di no in vita sua. Il loro primo incontro si deve a un incidente. Non riuscendo a farsi promuovere nel programma per nuovi talenti dell’azienda Hasbro, Alejandro, da poco emigrato da El Salvador, decide di accettare – pur di non perdere il suo permesso di soggiorno – un lavoro come supervisore dei corpi in un’azienda criogenica. Gli viene così chiesto di occuparsi del corpo del marito di Elizabeth, Bobby (RZA), conservato nella sua camera da letto. I due si incontrano senza bisogno di presentazioni: Elizabeth, furiosa, irrompe nella stanza per contestare una fattura, seminando ansia e agitazione fra i dipendenti. Alejandro, invece, empatizza con lei.
La seconda volta si incontrano per caso. Dopo essere inciampato su un cavo, scollegando così per qualche istante dalla corrente la camera dove è conservato il corpo di Bobby, Alejandro viene licenziato su due piedi. Il suo licenziamento coincide però con una nuova visita di Elizabeth, sempre più spazientita per la questione della fattura. Dopo averla aiutata a trasportare i quadri di Bobby dal magazzino della ditta al suo studio, la donna finisce per incaricare lo stesso Alejandro di curare la mostra dei dipinti realizzati dal defunto marito. Incapace di dire di no, senza esperienza sul campo e senza nemmeno conoscere il software che dovrà utilizzare, Alejandro accetta il lavoro.
Le tredici uova di Problemista
Il nome della mostra è “Tredici uova”, in riferimento al numero di dipinti – tutti a tema uova – che Bobby ha lasciato in custodia a Elizabeth prima di farsi congelare. Sono grandi nature morte, vivacemente colorate, che ritraggono uova in equilibrio o a terra, nascoste dietro spessi tendaggi o deposte all’ombra di un bicchiere di vino, di cui Alejandro ed Elizabeth discutono usando la terminologia alta e le parole tipiche del mondo dell’arte contemporanea.
Ma questo è solo uno dei tanti momenti ironici e convincenti di Problemista, solido esordio dalle grandi ambizioni. Torres, ex sceneggiatore del SNL e autore della deludente commedia HBO Los Espookys, applica la sua riconoscibile estetica a una storia credibile di autorealizzazione. Problemista si svolge in un universo tutto suo, slegato dalle logiche del nostro mondo. Torres, anche autore della sceneggiatura, conduce lo spettatore nel profondo della sua visione: la voce fuori campo di Isabella Rossellini ci attira nel passato, nell’infanzia fantasiosa e protetta di Alejandro, accanto alla premurosa madre artista Dolores (Catalina Saavedra) nella verdeggiante casa di El Salvador, prima di portarci nelle strade grigie e piene di rifiuti di Brooklyn, dove il giovane artista è costretto a vivere, accompagnati dall’emozionante colonna sonora di Robert Ouyang Rusli.
Il debito con Wes Anderson
Il film si apre con un tono da fiaba fantastica, alla Wes Anderson, per evolversi quasi subito in una satira sul mondo del lavoro che strizza l’occhio a romanzi come Severance di Ling Ma (i romanzi, non la serie tv) o Luster di Raven Leilani.
Le scene in cui Alejandro gira il video curriculum, o affronta il suo capo durante il breve periodo di assunzione al laboratorio criogenico, riescono a cogliere tutta la rigidità e l’inadeguatezza della politica del lavoro. Ma prima che lo spettatore si possa abituare a questo tipo di registro, ecco che Problemista muta di nuovo, trasformandosi in un’interpretazione divertita ma severa del demoralizzante sistema di immigrazione degli Stati Uniti, e in un ritratto della disperazione umana, attraverso il racconto della ricerca di un lavoro con cui Alejandro spera di pagare le tasse per l’immigrazione e l’affitto.
Un film che infine è anche il racconto sincero dell’amicizia sbocciata tra due persone. Se in principio infatti tra Alejandro ed Elisabeth non corre buon sangue, e il loro rapporto si fonda su una questione economica – Alejandro ha bisogno di uno sponsor per il permesso, Elizabeth di un confidente per le sue ansie – con il tempo (la maggior parte del quale trascorso a correre da una parte all’altra di New York per recuperare i dipinti di Bobby) la forza del loro legame diventa sempre più evidente. Una relazione che cresce un messaggio vocale dopo l’altro, tra sguardi sempre più complici, con Alejandro che impara giorno dopo giorno a difendersi dall’energia nervosa e dalle richieste improbabili di Elizabeth.
Torres, con Problemista è nata una stella
Problemista dunque è un film sentimentale? Non proprio. Torres ha creato un film bizzarro, che sfugge alle categorie e riflette in pieno i suoi gusti e le sue curiosità. Alcune parti della sceneggiatura avrebbero forse potuto essere approfondite di più, invece di lasciare allo spettatore la responsabilità di collegare i pezzi di un vero e proprio puzzle narrativo. Ma là dove emerge davvero il talento di Torres è l’invenzione di battute assurde e di dettagli surreali, che hanno reso i suoi tic registici – l’attenzione ossessiva per le mani, il labirinto come metafora del kafkiano sistema di immigrazione, la creazione di una specie di universo alternativo in cui si svolgono conversazioni e fatti – oggetto dell’adorazione della sua fanbase. È nato insomma un regista con un’immaginario potente, capace di lavorare – ostinatamente, e con orgoglio – alle sue condizioni.
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