Presentato anche al Festival di Berlino Le Paradis (The Lost Boys) del regista belga Zeno Graton è un film drammaticamente romantico che racconta la delicata infatuazione di due adolescenti problematici rinchiusi in un istituto di correzione giovanile di Bruxelles. Un’opera prima intima e potente che ha conquistato i giurati del Lovers Film Festival che gli hanno consegnato il riconoscimento più importante, il premio Ottavio Mai (regista, sceneggiatore, attore, scrittore e poeta italiano. Nel 1986, insieme al compagno Giovanni Minerba, fonda a Torino il Festival cinematografico a tematica omosessuale Da Sodoma a Hollywood) dal valore di 1000 euro. I protagonisti di questo film non sono spacconi, non sono gradassi, non vogliono sembrare ciò che non sono (cioè adulti), non hanno desiderio di delinquere ma solo di respirare aria di libertà. Nel film i ragazzi vengo seguiti nelle varie attività didattiche, studiano, praticano discipline sportive, vengono spronati a coltivare i loro sogni, viene persino pianificato il reinserimento nella società nei minimi dettagli con aiuti economici, sociali e psicologici. Insomma una vera chimera per il nostro Paese.
Le Paradis o anche Mare Fuori in salsa belga
Certo Bruxelles non è Napoli, con i suoi problemi atavici di camorra e microdelinquenza, in cui il possesso di un’arma da fuoco è uno status symbol anche, e forse soprattutto, per gli adolescenti. Se Mare Fuori rappresenta al meglio il settore giovanile di Gomorra dove l’unico epilogo possibile all’uscita di un Istituto Penale per i Minorenni è la morte anche se hai cercato in tutti i modi di cambiare vita (vedi la storia di Pirucchio), Le Paradis è la lente con cui possiamo spiare un sistema che prova a funzionare in modo virtuoso, pur nelle sue contraddizioni.
Le Paradis, la trama
Joe, interpretato da Khalil Ben Gharbia, è un ragazzo di 17 anni che sta preparando il suo ritorno in società dopo un periodo di detenzione in un riformatorio belga. Dopo un lungo periodo di disciplina durissima, recluso in un luogo dove tutto è vietato e scandito dagli ordini impartiti dai carcerieri, il protagonista potrà finalmente essere reintrodotto nella società e inizare a godersi la sua indipendenza. La fine della sua detenzione coincide con l’arrivo di William (Julien de Saint Jean) che viene sistemato nella cella accanto a Joe, perché in Belgio le stanze sono rigorosamente singole. L’arrivo del nuovo inquilino stravolgerà la vita del protagonista, fino a trasformare il suo desiderio di libertà in un altro tipo di desiderio, profondo e sentimentale. Dietro le recinzioni e le mura delle celle, nasce forte la passione, il desiderio irrefrenabile di un contatto fisico, le pulsioni sessuali diventano incontrollabili e porterà i due ragazzi ad infrangere tutta una serie di regole rigidissime dell’istituto, prima tra tutte quelle del divieto di contatto fisico tra loro.
La critica
Il riferimento al film del 1950 Un chant d’amour è esplicito, gli ingredienti del capolavoro di Jean Jenet li riscontriamo tutti in Le Paradis: ritroviamo i due prigionieri che riescono a comunicare attraverso il muro che li separa (senza buco però), così come la scontata complicità della responsabile dell’Istituto affezionata al protagonista e c’è pure l’utilizzo di vari oggetti come forma di contatto amoroso ed erotico: su tutti il passaggio di una canna, ormai un must nelle pellicole.
Le Paradis (The Lost Boy)
Cast: Con Khalii Ben Gharbia e Julien De Saint Jean
Regista: Zeno Graton
Sceneggiatori:
Durata: 88 minuti
Questa opera prima scorre lenta e Graton affronta tutte le diverse angolazioni per descrivere al meglio i diversi gradi di angoscia di Joe. C’è da dire però che ogni elemento dinamico presente nella pellicola è al servizio della storia impossibile tra i due adolescenti. Unica pecca il finale che potrebbe essere scritto dagli sceneggiatori di Mare Fuori, e non è un bene.
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