Se dovessimo trovare un motto per Tutti tranne te sarebbe “Make Rom-com Great Again”. Ed è anche abbastanza sicuro che i protagonisti non voterebbero comunque Trump alle prossime elezioni, visto l’alto livello di queerness pur in un contesto narrativo tra i più canonici – quindi per certi versi reazionari – visti da molto tempo a questa parte.
Il film di Will Gluck, sceneggiato da Ilana Wolpert insieme al regista, è l’apologia del genere romantico, l’apoteosi dei sentimenti malleabili che prendono la forma delle fantasie più inarrivabili e smielate che si possano anche solo pensare. Ma la mano irriverente dietro la macchina da presa è la promessa che all’alta dose di sviolinamenti ci sia anche un contrapposto sfrontatamente demenziale, dalla stessa firma di Easy A, Amici di letto e Peter Rabbit.
Tutti tranne te, infatti, non è affatto una commedia sofisticata. Sydney Sweeney e Glen Powell non sono minimamente Katherine Hepburn e Cary Grant, ma virano più sul filone ironico della rom-com propriamente intesa. Classica, ma non raffinata. Moderna, pur del tutto tradizionale. È l’esaltazione di ciò che il pubblico non è e non sarà mai e che non diventerà uscito dalla sala cinematografica. È anche questo a immetterlo sulla strada di un incensamento che fa colpo proprio per il suo essere totalmente irraggiungibile. È Hollywood come Hollywood non era da molto tempo: inavvicinabile, impossibile, incredibile.
Prendendo ispirazione da Molto rumore per nulla di William Shakespeare, punteggiando qua e là la storia di piani machiavellici e creando intorno ai protagonisti anche il coro che spesso accompagna le pièce teatrali, la commedia romantica ha il più sciocco degli espedienti e la più felice delle risoluzioni. Un ragazzo e una ragazza si incontrano in un bar, passano un indimenticabile notte insieme, ma un’incomprensione li rende nemici per la vita.
Vita che potrebbe proseguire l’uno lontana dall’altra, se non fosse che la sorella della giovane sposerà dopo due anni la migliore amica dell’uomo. Sarà un viaggio in Australia per il matrimonio a riavvicinarli, seppur forzatamente. E dall’iniziale stato di “enemies” finiranno per diventare “lovers”.
Tutti tranne te: vite, corpi e privilegi
Nel grande piacere che si prova nel guardare Tutti tranne te c’è l’assoluta consapevolezza che ciò che accade davanti ai propri occhi non è in alcun modo, nemmeno lontanamente, per nessuno motivo al mondo reale. Non è possibile. Sono corpi perfetti quelli di Sweeney e Powell, meravigliosi e statuari. E non sono solo loro ad essere bellissimi, ma tutto il cast, le loro famiglie, i genitori, chiunque passi nell’inquadratura mettendo in mostra la più bella sfilata di geni che si sia mai vista.
Sono anche ricchissimi. È la pellicola dove il privilegio non è mai un argomento di conversazione, sono tutti troppo impegnati a fare escursioni per le montagne, giri privati in barca e vivere in case che affacciano direttamente sull’oceano.
In questa bolla di finzione la realtà non è ammessa. Non si cerca un’attinenza con l’ordinario, i protagonisti non devono assomigliarci, se deve essere una favola allora deve esserlo fino alla fine. È la glorificazione delle commedie romantiche come ce le hanno sempre raccontate, è l’alimentare un sogno che sappiamo essere completamente finto, falsato, impraticabile, ma che ci ricorda anche cosa ha reso irresistibile un genere. Che non ci dice che noi vivremo il sogno di un amore travolgente, tanto meno che lo faremo in bikini con i nostri addominali in bella mostra o senza quell’accenno di cellulite che vediamo espandersi sempre più ogni mattina.
Tutti tranne te non ribalta gli stilemi della rom-com, bensì li accoglie, li sfrutta, li porta addirittura all’eccesso. Esagera anche, proprio a ribadire a quale universo hollywoodiano appartiene, con ben due scene di elicottero che forse solo una commedia con Tom Cruise potrebbe ad oggi permettersi. E poi la corsa, la corsa a perdifiato finale con tanto di dichiarazione d’amore adattata sul discorso che Harry fa quando arriva finalmente da Sally la notte di Capodanno.
E una canzone che ci conferma in definitiva l’ossessione di Will Gluck per Natasha Bedingfield, che da Pocketful of Sunshine di Easy A passa per Tutti tranne te a Unwritten (con una spassosissima sequenza sui titoli di coda). Una commedia divertente e inverosimile, che dimostra che può esserci davvero chimica tra due biondi, e che non devono essere per forza i Barbie e Ken di Greta Gerwig.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma