Bisogna amare la parola crisi. Una parola affascinante perché ha in sé il pericolo, la lacerazione dell’esistente, il senso di un problema profondo e di difficile risoluzione ma anche, nell’etimologia, il significato di scelta, decisione, opportunità.
Ecco, la nostra crisi di questi giorni – il sito prima down, poi in ricostruzione – è stata (anche) una grande opportunità.
Giorni in cui abbiamo preso scelte e decisioni, giorni in cui siamo stati costretti a riflettere su quella che non è un’operazione solo editoriale, ma culturale e imprenditoriale, giorni in cui ci siamo conosciuti meglio e abbiamo capito dove vogliamo arrivare – più e meglio di prima – e come.
Giorni in cui il terzo numero dell’edizione cartacea di The Hollywood Reporter Roma è andato in stampa. Un numero curato in tutto e per tutto dall’ex direttrice Concita De Gregorio – che ringraziamo ancora per questo suo terzo capolavoro -, in cui tutti i componenti della squadra hanno partecipato con contenuti di altissimo livello. Un ponte tra passato e futuro, un volume dedicato al corpo (libero) che è qui e oggi materia e tema di tanti dibattiti, non solo culturali.
Lo abbiamo già detto, ma lo ripetiamo: vogliamo continuare a guardare agli Stati Uniti e che loro guardino noi, essere un ponte culturale e progettuale, rimanere la comunità che siamo e crescere in quanto tale, seguire un sentiero editoriale e culturale totalmente nuovo, lavorare per voi (lettori, addetti ai lavori, appassionati) e con voi. Secondo valori precisi e non sindacabili.
Infine essere un luogo, fisico e dell’anima, in cui tutti si sentano liberi di proporre, creare, immaginare. E quest’oggetto, curato nella sua bellezza come nei contenuti, è uno dei volani di questa partita.
È bello ripartire da qui, da qualcosa che unisce tutta la storia di questa giovane testata che non ha neanche un anno, ma figlia di una storica, mitica, che nasce nel 1930.
In questi giorni di crisi ma anche di grande bellezza abbiamo capito anche e forse soprattutto cosa non siamo.
Non siamo l’espressione di un’editoria stanca e feroce, miope, la cui filiazione deviata è anche parte del problema che abbiamo vissuto.
Non siamo un luogo in cui il clickbaiting è sovrano, ma che ha la pretesa e anche la presunzione di dettare la linea, anzi di proporne di nuove a un mondo creativo, industriale, sociale che è marginale solo per il Potere, ma centrale per la cittadinanza (solo nel Lazio ha 220.000 lavoratori coinvolti direttamente e nell’indotto) e per la crescita intellettuale del paese.
Non siamo, infine, rivali di nessuno, non abbiamo concorrenti.
Non per snobismo, ma per ambizione.
Siamo The Hollywood Reporter Roma e come e più di sempre da oggi stabiliremo uno standard, non seguiremo quelli altrui.
Questi giorni e notti di lavoro ci hanno permesso di tornare in contatto con le radici del progetto, di apprezzare quanto fatto finora (e la stima, la preoccupazione, il rispetto, il tifo di lettori e addetti ai lavori ce lo ha dimostrato nei fatti) e di pensare al futuro.
Perché ciò che è accaduto è stata una prova difficile, ma anche di forza. Siamo caduti e ci siamo rialzati più forti, siamo tornati più determinati a non adagiarci su facili logiche già consumate ma a raccontare questo mondo e provare a modificarlo, anche se a più di qualcuno evidentemente ha dato, dà e di sicuro darà fastidio. Questo non ci fa paura, anzi ci lusinga.
L’editore Gian Marco Sandri ha usato, per questo momento, la metafora del pugilato, cara a entrambi (lui lo ha praticato e sostenuto, io ho scritto la biografia di uno dei migliori pugili olimpici della nostra storia, Clemente Russo). Saper incassare è una dote straordinaria, così come imparare dagli errori, da una guardia abbassata, dalla reazione a colpi sotto la cintura.
Muhammad Alì non ha uno score da record, ha collezionato anche sconfitte clamorose. Ma è l’uomo che ha cambiato l’immaginario di uno sport, lo ha reso leggendario. Così come Marcello Lippi, da noi recentemente intervistato, uno che è stato campione del mondo con la Juventus e con la nazionale, ma ha anche perso tre finali europee.
No, non vi promettiamo che vinceremo sempre, ma che voleremo “come una farfalla” e pungeremo “come un’ape”, quello sì.
Bentornati a noi, a una splendida squadra che non ha mollato neanche un minuto. E bentornati a voi.
Danziamo insieme, più uniti di prima. Divertiamoci.
Correte in edicola per ballare con questo meraviglioso oggetto tra le mani che ci ricorda chi siamo e chi vogliamo essere. Noi che lo scriviamo e voi che lo leggete.
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