Zucchero su Zucchero: “Sono un ateo strano che va nelle chiese vuote a pensare e a meditare”

Il documentario su Sugar Fornaciari, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, sarà in sala il 23, 24 e 25 ottobre. Un ritratto (auto)celebrativo del re del blues italiano, con tanti ospiti famosi - da Sting a Bono - ma senza il coinvolgimento della famiglia: "A mio padre non è mai fregato nulla del mio lavoro". La video-intervista con THR Roma

Nessun cantante italiano può vantare una rete di amicizie così potenti – nel senso musicale del termine – come l’artista in questione. Brian May, Bono, Sting, Eric Clapton, Paul Young, Andrea Bocelli, Francesco De Gregori, Francesco Guccini e tanti altri, tutti intervistati nel documentario Zucchero Sugar Fornaciari. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, per la regia di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, prodotto da K-Film in collaborazione con Adler Film ed Ela Film, il lungometraggio racconta la storia del Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana Adelmo Fornaciari, 68 anni appena compiuti, nato Roncocesi, una piccola frazione a sette chilometri dal centro di Reggio Emilia.

Il film che arriverà nelle sale il 23, 24 e 25 ottobre, racconta tutto il percorso artistico dell’artista emiliano, tra alti e bassi, in una altalena di grandi soddisfazioni e alcuni momenti molto bui. Tra i numerosi successi basta citare la nomination ai Grammy nel 2006  come best traditional R & B Vocal performance con il brano You are so beautiful, alle partecipazione dei live Freddy Mercury Tribute Concert e a quello di Woodstock 94, unico artista italiano ad essere ammesso tra i grandi della musica. Tanti anche i momenti bassi, come l’esordio al Festival di Castrocaro nel 1981 con Stiamo Bene, nella speranza di approdare all’altra manifestazione canora, la più importante di tutte, Sanremo. L’anno seguente era già sul quel palco presentato da Claudio Cecchetto a cantare Una notte che vola via e di nuovo nel 1983 con Nuvola.

“Ai primi due Sanremo ho partecipato con delle canzoni decise dai discografici, quelle tipiche da festival, vestito da bravo ragazzo e cantando con la voce più pulita possibile, perché loro stessi non credevano in quello che facevo, in quello che a me piaceva. In quel periodo avevo già famiglia e avevo necessità di farlo. Infatti non successe proprio nulla e alla fine mi proposero di fare solo l’autore”, racconta uno Zucchero in splendida forma, che si presenta all’appuntamento con un giubbino di pelle giallo, blue jeans e scarponcini neri, lungo foulard multicolore, monili e anelli vari e naturalmente l’immancabile cappello a cilindro d’ordinanza.

Zucchero

Zucchero

La vita di Sugar Fornaciari è un’esplosione di coerenza in un contesto pieno di contraddizioni: si passa dallo strepitoso successo dei live negli stadi con le grandi star della musica internazionale (Miles Davis che lo cerca perché innamorato della sua Dune Mosse, incontro che sfocerà in un indimenticabile duetto), alla registrazione a Londra di Oro, incenso e birra nei Real World Studio di Peter Gabriel, oppure all’esperienza  del live nella Royal Albert Hall di Londra con Eric Clapton, conosciuto casualmente dopo un suo concerto ad Agrigento. E chi altri può vantare un brano Il suono della domenica scritto dal Cavaliere Paul David Hewson, meglio conosciuto come Bono, il leader degli U2, che lo ha definito “una persona mistica”?

“Bono è molto vicino a me nel modo di sentire le cose, è molto sensibile. Fu uno dei primi che riuscì a leggermi veramente, infatti dopo che ci conoscemmo mi mandò subito una bellissima lettera, che ancora conservo, via fax, come si usava all’epoca. Mi definisce mistico perché in effetti sono cresciuto davanti ad una chiesa dove suonavo l’organo e servivo messa, però frequentavo anche la cooperativa del partito comunista, quindi mi muovevo tra il sacro e il profano. Ancora oggi non so a chi dar retta e preferisco stare nel mezzo. Ma il lato spirituale mi attrae sempre di più, anche nei mie testi, parlo di luce, di spirito. Adoro andare nelle chiese vuote a pensare o a meditare. Sono un ateo strano” ci rivela ridendo Zucchero nella video intervista a THR Roma.

Zucchero sul palco

Zucchero sul palco

Tanti anche i momenti aspri della vita, come crescere nella fatica e nella durezza delle campagne emiliane negli anni ‘50 e ‘60, lo sradicamento dal suo amato paesello sulla via Emilia, dai suoi amici, dalla sua chiesa dove suonava l’organo, dall’insegnante che gli diede il soprannome Sugar per il suo carattere dolce e soprattutto dalla sua adorata nonna, a cui dedicò in seguito la struggente Diamante, affidata per la stesura del testo all’amico Francesco De Gregori.

Dolorosissimo fu anche il ’68, non per motivi politici, ma per via del trasferimento di tutta la famiglia in Versilia, a Forte dei Marmi, dove dovette ricominciare tutto da capo e usò la musica come mezzo per rifarsi una vita sociale.

Difficili furono anche primi anni novanta, il periodo di una tremenda depressione, a causa del fallimento del suo matrimonio, che capitò nel pieno del suo successo. Anche questa volta ne uscì grazie alla musica e ad una serie di fortunate coincidenze, tra cui la fraterna amicizia con Luciano Pavarotti da cui scaturì il duetto Miserere (fatto provinare all’allora sconosciuto Andrea Bocelli e che deve i suoi esordi nel mondo discografico proprio a Zucchero) e la nascita del Pavarotti and Friends.

Ma come si suol dire, a volte è proprio dalle contraddizioni che possono nascere le storie più belle. Come la sua. Quella di “un cappellaio matto dalla voce di cuoio, un dono di Dio”, come lo ha dolcemente definito Sting nel documentario.

La video-intervista di Zucchero